Le fratture del piatto tibiali sono fratture che coinvolgono la parte prossimale della tibia e la
superficie articolare del ginocchio. Sono fratture ad alta energia che interessano anche la
superficie articolare e, per questo motivo, complesse da trattare ed altamente invalidanti. A complicare ulteriormente il trattamento spesso si associano complesse lesioni capsulo-legamentose.
Spettro di lesioni del piatto tibiale
Come spesso avviene in traumatologia esiste tutto uno spettro di lesioni del piatto tibiale, da
quelle più semplici e composte a veri e propri sfaceli, con lesioni pluriframmentarie quasi
impossibili da trattare e con risultati clinici e funzionali decisamente insoddisfacenti anche con trattamento chirurgico. Naturalmente, la qualità dell’osso su cui si verifica la frattura incide moltissimo sui risultati.
Meccanismo di lesione
Il meccanismo di lesione più frequente è il trauma della strada, quello tipico di incidente in moto o motorino in cui il ginocchio viene colpito da un altro mezzo oppure la moto cadendo schiaccia il ginocchio sull’asfalto.
Anche il trauma diretto di una macchina contro un pedone è frequente, in questi casi se il trauma è laterale spesso si associano lesioni legamentose importanti. Altro meccanismo di lesione frequente è il trauma contusivo-distorsivo durante uno sport di contatto ad alta energia, tipiche sono le lesioni durante partite di rugby o di football americano o anche di calcio e calcetto. Questo tipo di lesioni avvengono anche nel ciclismo e nello sci alpino.
Per coloro che cercano ulteriori approfondimenti sulle fratture del piatto tibiale, il Approfondimenti sulle fratture del piatto tibiale del Dottore Giuseppe Monteleone offre una panoramica dettagliata e basata sull’esperienza diretta nel trattamento di queste complesse lesioni.
Sintomi
I sintomi più comuni di una frattura del piatto tibiale includono:
- Forte dolore con il carico o con la semplice mobilizzazione dell’arto inferiore.
- Il ginocchio tende a gonfiarsi velocemente per il versamento ematico imponente che si forma in articolazione.
- Deformità: il ginocchio può sembrare “fuori posto” e la gamba può apparire più corta e storta.
- In caso di lesioni associate capsulo-legamentose la sintomatologia è ancora maggiore con la comparsa di vasti ematomi intorno al ginocchio.
Anche la cute soffre tantissimo in caso di trauma diretto in quanto viene schiacciata se non addirittura lacerata dalla compressione tra l’osso e la superficie dura contro cui si va sbattere. Ovviamente, la deambulazione è completamente compromessa.
Lesioni legamentose
Le lesioni legamentose che più spesso si associano sono la lesione del legamento collaterale mediale, del legamento collaterale laterale e del legamento crociato anteriore.
Nei casi più gravi si associano anche lesioni dei vasi e dei nervi che rendono il trattamento urgente e molto complesso.
Diagnosi
La prima valutazione deve essere sempre clinica per valutare l’entità della lesione, la presenza di eventuali lesioni associate ed escludere lesioni nervose e vascolari. La successiva valutazione viene fatta già in pronto soccorso, con un esame RX nelle proiezioni classiche in antero-posteriore e in laterale. La radiografia consente una valutazione abbastanza precisa del sito e della estensione delle lesioni. In alcuni casi è possibile anche riconoscere segni indiretti di lesioni capsulo-legamentose.
Oggi è sempre più frequente associare anche una valutazione TC, spesso con ricostruzioni tridimensionali, che permette una migliore caratterizzazione della frattura e quindi una più facile pianificazione del trattamento, sia esso conservativo che chirurgico.
Il trattamento
Il trattamento conservativo in apparecchio gessato o con ginocchiera è ormai riservato a pochissimi casi in cui la frattura è parziale o del tutto composta. Uno spazio anche se abbastanza ristretto esiste anche per una riduzione indiretta sotto controllo artroscopico ed una sintei percutanea con viti. Purtroppo solo pochi casi si prestano a questo tipo di trattamento.
Il tipo di trattamento più frequente è quello chirurgico con una riduzione cruenta a cielo aperto ed una sintesi interna con placca e viti. In alcuni casi più complessi sono necessarie anche due o tre placche e viti libere in aggiunta a quelle delle placche. Talvolta è necessario utilizzare l’osso autologo o sintetico per riempire eventuali deficit ossei legati all’elevata energia del trauma.
Quando, purtroppo, non è possibile ricostruire il piano articolare, la ricostruzione serve comunque a creare una buona base ossea, su cui successivamente impiantare una protesi articolare.
La fase post-operatoria
Il paziente torna in camera con un drenaggio articolare ed un’immobilizzazione in doccia gessata o ginocchiera articolata. È utile nelle prime fasi utilizzare un Kinetec per la mobilizzazione passiva continua. Il carico viene concesso in base al tipo di frattura ed ai controlli radiografici successivi e può variare da uno a tre mesi.